Giovanni Caramia è stata una colonna del reparto medicinali del Comitato, prima a fianco di Pina Ziani, poi a guidare il reparto durante l’assenza di Pina per missioni, poi, al rientro di Pina, umilmente a gestire la spedizione dei pacchi alle missioni.Lo ricordiamo con queste parole di Maria Teresa Battistini.
Quando ci raggiunge ‘improvvisa’ (da sempre è proprio così, assolutamente “improvvisa” ) la notizia della morte di un amico, ci coglie una muta sorpresa e subito dopo il cuore ci si stringe in una trafittura di nostalgia e di rammarico.
Lungo il rapido migrare degli anni ci appesantiscono e si intensificano ogni volta le stesse sorprese e stringimenti di cuore.
L’altro giorno una veloce telefonata : ”Sono la figlia di Giovanni Caramia ; volevo solo dirvi che è morto mio padre.!”
Silenzio … poche povere e maldestre parole mie di circostanza. Ho riattaccato senza aggiungere né tanto meno chiedere altro.
Che cosa si sarebbe potuto dire ? Solo il silenzio può contenere, tacendo, l’intensità della sorpresa e dell’emozione… che poi sembrano svanire presto travolti come siamo da improrogabili impegni e dalle corse affannose di una vita che continuerà a scivolarci via dalle mani ….mentre noi saremo sempre molto occupati a fare altro.
Se ne è dunque andato “più avanti” anche lui, Giovanni Caramia !
La mente e la memoria affaticate e deboli invano si arrampicano sul passato più recente, alla ricerca di un appiglio qualunque come il ricordo dell’ultimo incontro, delle ultime parole scambiate tra noi…Impossibile ricordare …meglio scivolare più indietro nel passato remoto di quando eravamo più forti e più giovani. Emerge immediata e presente la sagoma un po’ massiccia di Giovanni… quando raggiungeva prima dell’alba, il cancello del comitato ed era appena spuntata la luce. Arrivava sulla sua fedele bicicletta e spariva subito dietro le carte del reparto medicinali per preparare accuratamente e con la mentalità di un esperto “addetto al lavoro delle spedizioni” i suoi perfetti bollettini postali per chi da lì a poco dopo, un altro volontario, avrebbe portato alla Posta i vari pacchi da inviare nelle periferie del Terzo Mondo, ad ambulatori, ospedali, dispensari che il comitato assiste assiduamente da molto tempo.
Appena terminato i suo impegno, riappariva Giovanni, scendeva e riprendeva la bicicletta. A me pareva che cercasse forse di sparire in fretta prima che arrivasse qualche volontario ad aprire cancelli e porte al pubblico . A volte, per caso , riuscivo ad incontrarlo mentre stavo arrivando e lui issato sulla sua sella era già pronto a rivolare via. Timido, di poche parole, era invece contento di raccontare qualcosa dei vari servizi, che con estrema spontanea umiltà, donava a comunità di suore,di frati, a consacrati e laici , a persone anziane e sole di cui conosceva i bisogni e le emergenze . Era molto orgoglioso della sua amicizia con Anna Cappelli e gli “Amici di Benedetta” e della splendida testimonianza di Benedetta Bianchi Porro.. che cercava in tutti i modi di far conoscere a chi aveva l’animo per capirla.
Dunque ora anche Giovanni se nè andato portando con sè il bene regalato a piene mani…. potrebbero darne testimonianza le tante persone che ne hanno beneficiato negli anni.
Giovanni , è stato l’esempio silenzioso, quasi invisibile, mite, anonimo, costante di un volontariato puro, gratuito, sincero. Quando Pina per motivi di salute dovette assentarsi dal servizio medicinali, Giovanni accettò di farsene carico lui e lo mantenne sino a quando Pina ritornò e Giovanni con la stessa sollecitudine con cui lui lo aveva ripreso, lo restituiì a Pina cofondatrice del comitato e maestra unica di generosità e di aiuto per ogni emergenza nazionale ed internazionale .
Come Pina e tanti altri soci, volontari, amici del Comitato, così anche Giovanni se ne è andato via, lasciandoci senza notizie quando si ammalò sempre più gravemente e noi non l’abbiamo più rivisto né lo abbiamo cercato (parlo soprattutto di me!) pensando che prima o poi sarebbe ricomparso di nuovo. Succede quasi per chiunque interrompe il suo servizio bruscamente o piano piano e si dirada la frequenza della sua presenza nel comitato e poi se ne va, lasciandoci la nostalgia di essergli stati così lontani e assenti durante la sua ultima malattia.
In questi tempi di angoscia e di paura per la pandemia planetaria che ci rinchiude nelle nostre case, ci separa dagli amici più cari, ti tiene lontano dagli abbracci e dai volti, nelle lente e lunghe ore di silenzio e solitudine mi emerge nel cuore il ricordo di come quasi tutte le morti ci hanno strappato via un pezzo di vita passato insieme e non c’è più per noi alcuna possibilità di recuperare un dialogo, una confidenza , una prossimità. Questo virus che può ancora all’improvviso contagiare noi ed altri ci costringe a meditare sulla eventualità di dialogo, di contatto, di attenzione che solo il dopo virus ci potrebbe forse essere ancora data.
Una preghiera muta, senza alcuna mediazione ci sale dal cuore. Giorno e notte come un’ insistente supplica:
“No Signore, che “dopo” non sia troppo tardi!! Facci arrivare ancora in tempo. Per ricucire un rapporto, per chiedere e donare un perdono, per ristabilire un contatto, per cercare e donare un abbraccio, un dialogo, una reciproca confidenza, la sincera gratitudine per quanto abbiamo ricevuto“ .
Ci sentiamo oggi tutti fragili, impauriti, disorientati sospesi come “foglie su un albero d’autunno”,e lo siamo davvero !
Il domani non ci appartiene e ogni nuovo giorno potrebbe anche essere l’ultimo…eppure occorre viverlo come fosse eterno.
Quando il pericolo di contagio sarà sparito …
”Fa o Signore che non sia troppo tardi!”
Che non ci abbandoni più la consapevolezza della preziosità, del privilegio di essere ancora vivi ; ci sia dato il tempo di ritrovare l’impegno di donarci reciprocamente gli uni agli altri fino all’ultimo respiro , così come siamo anche se per noi, ormai già troppo sazi di giorni, con poche forze e un faticoso entusiasmo sarebbe più facile concederci solo il permesso di “riposare”